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Una bellissima riflessione di Francesca Castiglione, animatrice e psicologa dell’associazione I Tetti Colorati Onlus che si occupa di curare gli aspetti emotivo-relazionali dei partecipanti e dei contatti con le famiglie, in collaborazione con Abaco-Il Teatro Conta, che organizza il Laboratorio Teatrale Ri-Belli per esprimersi.
“Durante uno degli ultimi incontri prima della pausa estiva del laboratorio teatrale, abbiamo lavorato sulla Commedia dell’Arte e abbiamo donato ai ragazzi delle maschere. La maschera ha avuto un doppio scopo, da un lato quello di far entrare nel vivo dello studio della commedia dell’arte e quindi rendere più accattivante l’attività stessa, dall’altro quello di far riflettere i nostri ragazzi sull’importanza della comunicazione non verbale.
Per deformazione professionale non posso non citare uno degli assiomi fondamentali della comunicazione: “non si può non comunicare”. Questa frase significa che non esiste la non comunicazione.
Le parole così come il silenzio, hanno tutti, sempre, valore di messaggio. Si comunica con lo sguardo, la postura, la gestualità, tutto influenza gli altri, influenza noi stessi e fonda la comunicazione.
Ai ragazzi questo messaggio è stato veicolato proprio attraverso l’uso della maschera. E’ stato infatti detto loro di indossare la maschera ed escludere il proprio volto dalla recitazione, proprio tale esclusione però, ha amplificato la portata comunicativa di tutto il resto del loro corpo, del loro tono di voce, della gestualità, del contatto visivo.
La maschera per un attore è un po’ come l’armatura per un soldato, dietro la maschera ci si sente protetti dagli sguardi curiosi del pubblico, si ritrova coraggio ma anche leggerezza per fingere con più facilità ed essere qualcun altro, uscendo per un attimo dai propri panni, dimenticandosi del proprio volto.
La maschera, e il laboratorio teatrale in sé, rappresentano, per i nostri ragazzi, la corazza per sentirsi al sicuro di “poter essere altro”, di sperimentarsi, di vivere nuove vite, di intrecciare nuove relazioni.
Ogni giorno, nella quotidianità, tutti loro e tutti noi indossiamo maschere in maniera più o meno inconscia. A teatro si decide consapevolmente di indossarle e il confine tra realtà e finzione diventa quindi più sicuro.
La cosa importante è avere sempre ben presente che dietro ogni maschera c’è sempre un volto, che dietro la finzione c’è sempre la realtà e che quindi “maschera” e “volto”, “laboratorio teatrale” e “vita”, si contaminano continuamente in una danza armonica.
I bambini del nostro laboratorio hanno imparatoquindi ad essere altro da sé ma anche ad essere se stessi: riflettendo sulle proprie emozioni, sui propri punti di forza e debolezza, pensando al personaggio ma non dimenticandosi della persona.
Il ruolo più difficile, per alcuni di loro, soprattutto per gli adolescenti, non è mai stato solo “entrare nel personaggio”, ma accettarsi ed essere se stessi. Non si tratta solo di indossare una maschera ma di abbassare la propria, mostrandosi per quello che si è, con le proprie incertezze,
timidezze, paure.
A teatro abbiamo provato a fare un percorso che sembra paradossale e opposto: giocare di fantasia ed essere per due ore a settimana qualcun altro, dimenticandosi di problemi e difficoltà, ma anche accettare e conoscere un po’ di più il personaggio più difficile tra tutti: se stessi”.
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