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Empatia, chiave per la crescita

Empatia, chiave per la crescita

La voce, calma e al tempo stesso decisa, aggiunge una sfumatura di ulteriore dolcezza quando ci parla dei ragazzi che segue.

Sonia Abdallah, mediatrice di lingua araba attualmente attiva nell’equipe di Ri-Belli al plesso Ecce Homo della scuola Vann’Antò, ci racconta il suo impegno con i ragazzi, in massima parte di origine tunisina, che segue attualmente sia con l’affiancamento in classe, sia nell’attività di doposcuola pomeridiano.

“Ho iniziato a gennaio – ci spiega – con quattro ragazzi, tutti nella stessa classe, di cui tre di origine tunisina, con età compresa tra i 12 e i 13 anni. Il loro problema principale è legato alla necessità di capire, per questo hanno bisogno di un interprete che li affianchi durante l’attività didattica. Il problema linguistico, e, di riflesso, culturale, è legato anche alla possibilità di fare nuove amicizie con i propri compagni, per attivare quella relazione necessaria almeno tanto quanto l’apprendimento”.

“Alcuni di loro – prosegue Sonia – sono nati qui, ma hanno poi frequentato parte dei propri studi in Tunisia e parte in Italia. Questo crea, ovviamente, un pò di confusione. Il mio compito è quello di cercare di aiutarli a fare ordine e, soprattutto, a crescere insieme”.

La sensibilità e l’empatia sono le chiavi principali per ottenere i migliori risultati.

“I ragazzi sono molto ricettivi – spiega Sonia – però, a volte, le difficoltà di comunicazione li bloccano e li rendono meno attenti. A questo, magari, si aggiungono i piccoli e grandi problemi legati alla propria sfera personale, o magari a litigi tra loro in classe e fuori. Io, quando c’è un problema, adotto questo sistema. Cerco di capire se i ragazzi sono pronti ad aprirsi e a spiegare le proprie difficoltà, parlandomi, e, nel caso, li aspetto. E devo dire che questo è il modo migliore per aiutarli e supportarli al meglio”.

Del resto, Sonia ha un’esperienza enorme in materia (“ho cresciuto – sorride – dodici nipoti. Un’equipè allargata”). In Tunisia era insegnante e ricercatrice proprio di Italiano e, successivamente, aveva effettuato un corso specifico con l’Ambasciata Tunisina. A questo, si aggiungono studi personali di psicologia (“una materia – afferma – che mi ha sempre affascinato e che spesso è decisiva per comprendere gli altri e agire di conseguenza”).

“Ho incontrato alcuni dei genitori dei ragazzi – prosegue – e devo dire che anche loro sono molto contenti che, qualcuno, possa aiutare i loro ragazzi nella comprensione e nella crescita in classe”.

Sonia sottolinea la necessità di “accogliere, insieme ai ragazzi, quello che non dicono e che, però, si manifesta nei loro comportamenti. Se qualcosa li turba o li preoccupa, questo arriva all’adulto. Le emozioni sono un flusso di energia, basta coglierlo per capire quale è il modo migliore di aiutarli”.

Proprio per questo è centrale il progetto Ri-Belli.

“Le insegnanti – sottolinea Sonia – hanno spesso un compito enorme che, grazie alla loro sensibilità e competenza, riescono ad affrontare. Ma pensate a un gruppo di venti ragazzi, con problematiche, storie e culture diverse. E’ chiaro che hanno bisogno di un sostegno concreto per affrontare i piccoli e grandi problemi che si manifestano dentro la classe ma che nascono al di fuori di essa. Per questo, il progetto “Ri-Belli” è una risposta concreta. E devo dire che, dai primi approcci, questo sistema funziona; soprattutto perchè parte dalla didattica e dall’apprendimento, ma va direttamente alla persona e alla sua storia”.

Su questo aspetto, peraltro, Sonia ci racconta come ciò sia frutto anche di una crescita personale. “Io vengo da una famiglia dove le ragazze non andavano a scuola. E grazie ad un approccio intelligente e a un dialogo continuo, sono riuscita a superare un blocco culturale come questo e a far sì che questa difficoltà fosse superata. Non è facile, non è immediato, ma, grazie ad un approccio intelligente, è possibile ottenere risultati”.

In fondo alla nostra discussione, Sonia ci lascia un pensiero. “L’affetto e i sentimenti non sono e non possono essere questione di tattica, ma di cuore. E soprattutto di capacità di capire che ogni persona è diversa e ha bisogno di un approccio diverso; è il segreto per una buona relazione. Ovviamente, sulla base di regole precise. Autorevolezza e amore, questa è empatia”.

 

 

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